John Watson, irlandese da corsa, è nato il 4 maggio 1946.


Di Massimo Campi
Ferragosto 1976, Austria, Stiria, la Penske di John Watson passa per prima sotto la bandiera a scacchi, una vittoria sudata, la prima ed anche unica per il team americano. La prima vittoria per John Marshall Watson, il pilota nato il 4 maggio 1946 a Belfast. Per la Penske è una rivincita, è passato un anno dal dramma di Mark Donohue proprio sulla pista austriaca. Per John Watsan, pilota di cuore, è arrivato finalmente il successo, una gara strana, senza le Ferrari, senza l’idolo locale Niki Lauda ricoverato in ospedale dopo il rogo del Nurbrigring un paio di settimane prima. Ma John ha dovuto sudarla quella vittoria, la Penske finalmente va forte, partenza in prima fila, piede a tavoletta sui curvoni del tracciato austriaco e la iniziale lotta con la March di Ronnie Peterson, sempre un avversario scomodo, altro piede pesante che non molla mai. L’irlandese non molla, è lanciato, la March dello svedese non riesce a tenere il ritmo, anche quello di Laffitte, Nillson, Hunt ed Andretti. Quando si abbassa la bandiera a scacchi la Penske dell’irlandese ha dieci secondi vantaggio sulla Ligier-Matra di “Jacquot”. Il poco pubblico abbandona le colline della Stiria, John Watson, il giorno dopo, mantiene la promessa fatta a se stesso e ad alcuni amici: si fa tagliare la barba biondo-rossiccia che lo distingue da tutti gli altri, e da allora il suo volto rimarrà pulito.
La storia di John Watson parte dall’Irlanda del Nord, il padre era un ricco commerciante di motori di successo a Belfast. John ha poco interesse per gli studi, ma la passione dei motori nel sangue e non trova nessun ostacolo nella famiglia con il padre che sostiene i suoi sogni. Cresciuto tra motori e auto, la passione e la voglia di mettersi al volante si sono evoluti in modo naturale e spontaneo, così come il suo talento e, questo l’hanno aiutato a scalare la vetta della notorietà con facilità.
A 18 anni è al volante della sua Austin Sprite con 4 cilindri prelevato da una F.Junior, piede a tavoletta e prima vittoria a Kirkistown. Le corse irlandesi sono il suo regno, ma le ruote coperte non gli bastano più è affascinato dalle monoposto. Prima una Lotus, poi entra nell’abitacolo della Brabham-Honda di F2, ex vettura ufficiale con i 4 cilindri di 1.000 cc utilizzata da “Black Jack” e vince a mani basse il titolo irlandese.
John va forte, sempre più fame di velocità, potenza, gare e vittorie. L’Irlanda gli sta stretta, bisogna andare a Londra per confrontarsi con i migliori piloti della sua epoca, per capire se ci sono velocità e doti sufficienti per arrivare in alto. L’avversario da battere è Tim Schenken, esperto delle gare sui circuiti attorno alla capitale ed alla fine del 1968 John riesce a mettere la sua monoposto davanti all’inglese. Watson è lanciato, con una Lotus 48 è al via nella prima gara del Campionato Europeo di F2 a Truxton. Partito in diciottesima posizione rimonta fino al quinto posto mettendosi dietro Rindt, Stewart, Beltoise e Pescarolo, ma al 29° giro vola fuori pista riducendo la Lotus ad un mucchio di rottami. Watson ha stoffa e coraggio ma a Rouen, in giugno, vola fuori pista per colpa di una gomma perse pressione. Gamba rotta e un chiodo in un braccio. tre mesi di gesso e una lunga rieducazione sono il risultato della stagione.
Watson è un duro irlandese, non molla, nel 1971 è nuovamente al via con una Chevron F2, ed a fine stagione lo nota Bernie Ecclestone. Con mister “E” che sta diventando il boss della Brabham, firma un contratto di tre per correre in Formula 2, con la promessa di portarlo in Formula 1. Il grintoso ed irruente irlandese corre anche a Daytona con Mike Hailwood, e nel 1972 è nell’abitacolo della nuova Brabham BT42 a Brands Hatch, nella Race of Champions. Si blocca il gas, Watson vola fuori pista con un nuovo stop di tre settimane per la frattura della gamba destra, ma mister “E” mantiene la promessa fatta e nel 1973 è al via nel GP di Gran Bretagna con una BT37, ed a Watkins Glen è nell’abitacolo della BT42. I primi punti mondiali arrivano a Montecarlo ’74 con la Brabham del Goldie Hexagon Racing.
Una stagione senza gloria con il Team Surtees ed infine la Penske nel 1976, con il primo successo a Zeltweg.. Intanto la Brabham sta diventando un team di punta nel mondiale, Ecclestone si accorda con Carlo Chiti per avere il 12 cilindri boxer dell’Alfa Romeo e John Watson ritorna nell’abitacolo della monoposto di mister E. La velocità di John Watson diventa nota nell’ambiente, l’irlandese è visto come un pilota grintoso, in alcuni momenti forse anche troppo irruente, esuberante lottatore, ma in alcune occasione la eccessiva goliardia lo porta a sprecare risultati importanti. Due anni, compagno di Team di Hans Stuck e Niki Lauda, nel 1977 l’irlandese corre solo cinque delle 17 gare causa problemi alla macchina, incidenti e una squalifica, ma nel 1978 arrivano tre podi ed il sesto posto in campionato.
Via dalla Brabham, nel 1979 Watson si trasferisce alla Marlboro McLaren Team. Ron Dennis, nuovo proprietario, sta riorganizzando la squadra, arriva John Barnard, i soldi dello sponsor tabaccaio, e la seconda vittoria mondiale per l’Irlandese. Stagione 1981, al Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone JohnWatson è al volante della avveniristica McLaren MP4 con la monoscocca in fibra di carbonio progettata da John Barnard. Le Renault occupano le prime posizioni, ma i turbo cedono ed al 61° giro la McLaren di Watson prende la testa della gara e va a vincere. È la prima vittoria della nuova McLaren di Ron Dennis, ed anche il primo successo di una vettura in carbonio, una soluzione tecnica vista scetticamente dagli altri costruttori, ma la riprova della validità arriva proprio con Watson a Monza. Sul tracciato brianzolo Watson perde il controllo della monoposto all’uscita di Lesmo. Lo schianto è impressionante contro le barriere, la Mc si rompe in due tronconi ma Watson esce illeso dall’abitacolo rimasto integro che gli ha salvato la vita. Da allora tutti gli altri costruttori hanno capito l’importanza della nuova tecnologia.
Il 1982 è la stagione di John Watson dove lotta per il titolo mondiale con Keke Rosberg. Il coriaceo irlandese si distingue per due vittorie: a Detroit 1982, 17° sulla griglia di partenza fino al gradino più alto del podio. Long Beach 1983, gara analoga partendo dal 22° posto in griglia. Alla fine del 1983 lascia le monoposto, a parte una breve parentesi a Brand Hatch 1983 per la sostituzione dell’infortunato Lauda.
Dopo 152 Gran Premi con 5 vittorie e 20 podi, Watson continua a correre con le ruote coperte e nel 1984 vince la 1000 km del Fuji con Stefan Bellof. È 2° nel Campionato Mondiale Sportcar del 1987, al fianco di Jan Lammers per il Team Jaguar Silk Cut su Jaguar XJR-8, con tre vittorie assolute a Jarama, Monza e Fuji. In sette partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans non riesce a concretizzare un risultato di rilievo e finisce la carriera agonistica nel 1990 con la Toyota 89C-V.
John Watson, pur non avendo forse tutte le qualità del gran campione è rimasto una icona degli anni ’70 ed ’80. E’ stato sicuramente un pilota coraggioso e deciso, abilissimo sui toboga cittadini, un personaggio che sotto l’apparente distacco dei suoi gesti e dei suoi discorsi nascondeva una forte determinazione. Quando la macchina lo permette John è sempre stato nelle prime posizioni ed un vero mastino nei duelli, Watson non era uno che si tirava indietro.
La sua vita non è stata semplice, dopo la morte di Ronnie Peterson ha una lunga e dichiarata relazione con Babro, la moglie del pilota svedese. Ma Barbro, in preda ad una crisi depressiva, viene morta suicida nel natale 1987 nel bagno della sua casa. Per un lungo periodo John rimane sconvolto, poi si ritira dalle corse ed apre una scuola di pilotaggio a Silverstone.
Ma il suo contributo al mondo degli sport motoristici continua diventando un noto commentatore televisivo. Inizia con Eurosport fino al 1996, dal 1997 lavora per ESPN e poi nel 1998 passa alla BBC come commentatore del BTCC. Il suo primo lavoro su Sky Sports è stato quello di commentatore delle gare della stagione di F1 2002, ma è durato solo una stagione. Dopo qualche tempo, è tornato alla BBC, a Sky Sports e ad altre emittenti e si diverte anche al volante di vetture storiche in manifestazione d’epoca.
John “Wattie” Watson rimane un grande testimone di un’epoca lontana rimane uno dei pochi piloti diventato famoso non solo per la sua carriera nelle corse, ma anche per il suo contributo al mondo televisivo.
Foto actualfoto Raul Zacchè – copyright ©