Gilles e Didier, dall’amicizia al tradimento


Di Massimo Campi  foto Raul Zacchè/Actualfoto

Imola 1982, la gara dello strappo, di quel litigio tra i due piloti del Cavallino che ha cambiato la storia della Rossa in Formula Uno in una stagione dove tutto sembrava semplice, dove la vittoria era a portata di mano. Ed invece quel Gran Premio di San Marino è l’inizio di una delle rivalità dai contorni più drammatici vissuta al box Ferrari ed il preludio alla fine di due grandi piloti.
Gilles Villeneuve e Didier Pironi una coppia di piloti fortissimi che si forma nel 1981, quando il francese giunge a Maranello, mentre il canadese è già nei ranghi della rossa dal 1977. Tra i due nasce subito un ottimo rapporto che si trasforma in una profonda amicizia.
Tutto funziona bene, l’atmosfera nel box è ottimale per la stagione 1981, ma tutto precipita in modo drammatico in quel 25 aprile del 1982 sulle rive del Santerno. La stagione è problematica per la massima formula, sconvolta dalle polemiche tra le scuderie inglesi che aderiscono alla FOCA capeggiata da Bernie Ecclestone, contro le altre legate alla FISA, la Federazione Internazionale presieduta da Jean Marie Balestre.
Tra le due compagini è una pura lotta di potere per garantirsi il controllo del Circus, dove circolano sempre più enormi quantità di denaro.
Dopo la prime gare, si arriva allo scontro frontale ad Imola con la defezione delle principali scuderie d’oltre Manica che lasciano la griglia ai cosiddetti legalisti, ossia Ferrari, Renault, Alfa Romeo, Osella e Toleman, solidali con Balestre. Serve salvare la gara, lo spettacolo, che in realtà appare misero, con poche macchine al via e le prove dominate dalle monoposto della Regie che occupano la prima fila, con Renè Arnoux e Alain Prost, seguite da Villeneuve e Pironi col 3° e 4° tempo.
Nessuno sembra scommettere sulle macchine francesi, con i loro motori turbo sempre molto fragili, mentre ai box delle rosse scatta un accordo tra i piloti: chi dei due si troverà in testa a metà gara salirà sul gradino più alto del podio. Come copione le Renault scattano bene, Arnoux è al comando e allunga, seguito da Prost e Villeneuve che guadagna la seconda piazza dopo poche curve. Al 26esimo passaggio il canadese si porta in testa alla Piratella, ma poco dopo, alla Tosa, deve cedere nuovamente il passo ad Arnoux e a Pironi. Mentre la Renault cerca di fuggire Villeneuve ripassa Pironi dando così inizio ad un’accesa bagarre e quando alla 44esima tornata il turbo di Arnoux cede di schianto, il canadese si trova in testa con Pironi che lo segue come un’ombra. Per la gioia del pubblico, le due rosse ormai sole al comando continuano a giocare al gatto e al topo. Pironi diventa leader all’uscita della Rivazza e tre giri dopo viene fulminato dal canadese.
Al 45esimo dei 60 passaggi previsti, dal muretto Ferrari viene esposto un cartello su cui spicca una scritta: “slow”. Il cavallino rampante vuole congelare le posizioni per conquistare importanti punti nel campionato costruttori. Villeneuve si sente sicuro del gioco di squadra e rallenta l’andatura per non rischiare la meccanica, ma Pironi sferra l’attacco e ritorna al vertice. Gilles crede che Didier voglia continuare a far divertire il pubblico sugli spalti e sta al gioco, ma al penultimo passaggio Pironi chiude tutte le porte a Villeneuve che rompe gli indugi e lo supera con decisione all’uscita della Tosa.
Cambia improvvisamente il ritmo di gara, ed all’ultimo giro si consuma definitivamente il tradimento con Pironi che sferra il colpo basso alla Tosa beffando un allibito Villeneuve che non riesce più a sopravanzare il compagno di squadra. La bandiera a scacchi sancisce il risultato, ma Villeneuve, quando esce dall’abitacolo è incavolato nero. Il canadese è ferito nell’anima, si sente tradito, mai si sarebbe aspettato una pugnalata alle spalle dall’amico Didier. “Adesso so chi è il mio compagno di squadra…” dice Gilles salendo a fatica sul podio, poi entra nel motorhome dove urla al direttore sportivo Marco Piccinini di cercarsi un nuovo pilota e scappa via dalla pista. Pochi giorni dopo si presenta a Maranello, convinto di trovare la solidarietà dal team e da Enzo Ferrari. Ma il “Drake” lo spiazza facendogli capire che per lui ciò che conta è la vittoria di una sua macchina: per le statistiche, quella di Imola era la 27esima doppietta in F.1 nella storia del Cavallino.
È l’inizio delle fine tra l’aviatore e la rossa, un epilogo che diventa dramma nel successivo Gran Premio del Belgio, a Zolder. Gilles e Didier si evitano, il canadese vuole ristabilire le gerarchie, le prove del venerdì vedono Villeneuve davanti a Pironi, ma quando il giorno dopo a pochi minuti dal termine delle qualifiche il transalpino è davanti, Gilles decide di tornare in pista per batterlo, vuole dimostrare al team di essere lui la prima guida. Villeneuve si tuffa di nuovo in pista, giunto in prossimità della Terlamenbocht, la curva del bosco, si trova davanti la March guidata da Jochen Mass che procede lenta. Villeneuve cerca di passarlo all’esterno sulla destra, con una manovra al limite, ma la ruota anteriore destra della Ferrari 126 C2 urta la posteriore sinistra della March. La “rossa numero 27” decolla, ripiomba a terra di muso ed inizia a roteare, Villeneuve nell’impatto vola fuori dall’abitacolo, le cinture di sicurezza si rompono. Le condizioni sono disperate, il pilota viene trasferito in condizioni disperate all’ospedale Saint Raphael di Lovanio ed alla 21.22 verrà dichiarata la sua fine definitiva.
La Ferrari e tutta la Formula 1 è sotto chock, ma il destino sarà terribile anche nei confronti di Pironi. Il 7 agosto, nel corso delle prove del sabato mattina ad Hockenheim per il G.P. di Germania, il ferrarista tampona la Renault del connazionale Alain Prost che procede lenta in un muro d’acqua. Una collisione dalla dinamica simile a quella di Villeneuve, complice sempre un malinteso tra i due piloti. L’impatto è simile a quello di Zolder ma il francese rimane vivo anche se la sua carriera in Formula 1 è definitivamente terminata. Ha fratture multiple alle gambe, la degenza ospedaliera durerà circa un anno, durante la quale subirà 30 operazioni e ben 35 anestesie. Nessuno avrebbe mai pensato che sarebbero bastate poche tornate per cambiare radicalmente il prosieguo di una stagione trasformandola in un autentico incubo e la Ferrari 126C2, pur essendo la migliore macchina della stagione, non riuscirà a portare nessun pilota al titolo iridato.
Pironì è un lottatore e non abbandonerà il mondo dei motori dedicandosi alle gare sugli off-shore fino al 23 agosto del 1987, quando il suo motoscafo si ribalta nel corso di una competizione al largo dell’isola di Wight, in Gran Bretagna scrivendo la stessa fine ad una vicenda tra due campioni che da amici sono diventati acerrimi nemici.