Da tempo in F1 si discute di due tematiche strategiche per il futuro del circus: la supposta mancanza di spettacolo nell’attuale F1 con la conseguente necessità di recuperare pubblico, in generale su circuiti e in particolare nella fascia 17-35 in TV e sui nuovi media e l’eccessiva “asetticità”
Può aiutare la riflessione ripensare alle modalità attraverso cui si è evoluto il circus, che sono per lo più funzione del bilanciamento / trade off tra dimensione sportiva / popolare e dimensione legata al business. In questo senso è possibile distinguere tra almeno due fasi evolutive, quasi due vere e proprie ere:
.Una pioneristica, caratterizzata da grande presenza ed entusiasmo popolare sui circuiti, relativamente poche regole, grande confusione e spontaneismo (nel senso più positivo e costruttivo del termine), grande presenza entusiastica di tanti sponsor anche piccoli e medi, compresenza di tanti team dal grande al medio piccolo
.Una fortemente business oriented, favorita anche dallo sviluppo televisivo e multimediale, caratterizzata da una grande, e talvolta eccessiva, ricerca dell’ORDINE (in lettere volutamente maiuscole). ORDINE che si ritrova dappertutto: nei percorsi di accesso ai circuiti, nelle modalità di accesso a box e paddock, in strutture di controllo e gestione accessi costose e molto sofisticate, nella riduzione degli inserzionisti sui circuiti, nella gestione degli sponsor che divengono molto pochi e con budget decisamente impegnativi se non addirittura faraonici, nella creazione di barriere all’entrata per nuovi team, nel sempre più elevato livello di investimenti richiesto ai team che porta quasi naturalmente alla sopravvivenza dei soli più grandi, in una minore accessibilità complessiva di tutto il sistema. Con un’ hospitality divenuta sempre più glamour, sempre più esclusiva, ma per certi versi sempre più impersonale: troppa confusione, code al buffet, un tour veloce sulla pit lane, ben inquadrati e condotti a mo’ di gregge dagli addetti alla vigilanza, o nel box sovraffollato di un team, il tutto nella speranza di vedere da vicino piloti che in molti casi si concedono solo per una fugace apparizione, spesso svogliata e annoiata.
Un primo successo lo si è sicuramente ottenuto con il libero accesso dei tifosi in pit lane nella giornata di giovedì, ormai in vigore da qualche anno: la stragrande maggioranza dei fan è composta da millennials o comunque da persone under 30.
Quest’anno, per far diventare la competizione monzese parte di un contesto “cittadino” più ampio, gli organizzatori hanno dato vita alla MILANO DRIVERS’ PARADE, evento che ha abbinato alcune grandi auto del passato ai piloti della F1, partendo dal centro di Milano nella giornata di giovedì per concludersi sul circuito brianzolo nella giornata della gara.
Partenza dunque da Piazza Castello e da un monumento simbolo di Milano con tredici protagonisti del Gran Premio Heineken d’Italia 2017 che hanno sfilato all’interno del Parco Sempione alla guida di altrettante vetture storiche. I piloti più attesi hanno dato forfait, ma il richiamo di quelli presenti, unito al fascino di vetture di sessanta fino a quasi un secolo fa, ha saputo catalizzare il pubblico delle grandi occasioni.
Per la cronaca erano presenti: Kimi Raikkonen su Ferrari 750 Monza del 1956;Antonio Giovinazzi su Lancia Aurelia B24 spyder del 1956; Valtteri Bottas (Mercedes) su Mercedes 190 roadster del 1957; Fernando Alonso (McLaren) su Lotus 11 del 1957: Stoffel Vandoorme (McLaren) su Lancia Lambda del 1927; Daniel Ricciardo (Red Bull) su Aston Martín Le Mans del 1933; Max Verstappen (Red Bull) su Bentley 3 litre del 1923; Carlos Sainz (Toro Rosso) su Diatto Bugatti 23 GP del 1921; Lance Stroll (Williams) su Maserati A6 GCS del 1954;Romain Grosjean (Haas) su Ferrari 857 del 1955; Kevin Magnussen (Haas) su Alfa Romeo 6C 1750 GS del 1930;Jolyon Palmer (Renault) su Renault 750 Sport del 1954.
Le auto storiche sono poi rimaste in esposizione nella Fan Zone del circuito, prima di essere utilizzate nuovamente dai piloti di Formula 1 nella consueta parata che precede l’inizio della gara di domenica.
Domenica si sono quindi visti in pista anche Sebastian Vettel a bordo di una Alfa Romeo 8C 2300 Le Mans del 1931, che, come si vede dalla fotografia, per partire ha avuto bisogno della spinta delle possenti braccia di Matteo Bonciani – alla guida della comunicazione FIA per la F1; Lewis Hamilton (Mercedes) su una Mercedes 300 SL roadster del 1956; Sergio Pérez (Force India) sulla Ballot del 1921 vincitrice della prima edizione del Formula 1 Gran Premio d’Italia e Esteban Ocon (Force India) su Roselli Stanguellini 1100 Sport del 1949; Felipe Massa (Williams) su OM 665 Superba del 1931; Nico Hulkenberg (Renault) su una factory car della stessa Renault; Marcus Ericsonn e Pascal Wehrlein (Sauber) rispettivamente su Ferrari 250 MM spider Vignale del 1953 e su F. L. 1100 Sport del 1952.
Unico neo: qualche pilota ha guidato in prima persona la vettura cui è stato abbinato, qualcuno no. Alla fine il pubblico presente ha comunque gradito questa parata certamente non abituale e si è divertito. Esperimento positivo da ripetere e conferma che quanto più la F1 esce dalla sua torre d’avorio, tanto più ne guadagna in termini di consensi e apprezzamento.