Monza e il sogno imperfetto: il SISU aiuta Hamilton a battere i finlandesi

Suissemotorsport di Maurizio Quarta

C’è sempre uno “spirito guida” a condurre Lewis Hamilton alla vittoria sulla pista di Monza: lo scorso anno era il beast mode (lo spirito delle “bestia” nel senso positivo della cattiveria e della fame di vittoria), quest’anno  è stato invece il SISU finlandese, un termine che ha connotazioni quasi magiche e che sostanzialmente significa desiderio di lottare e di vincere le difficoltà, a consentirgli di stare davanti proprio ai due top driver finlandesi, Raikkonen e Bottas.

E’ stato sempre il SISU che ha consentito ad Hamilton di contrastare la mossa di Vettel nel corso del primo giro? Vettel, via radio ha definito stupida la mossa del pilota inglese, che così ha commentato nel post gara: “Ha funzionato! Penso sia stata una normale manovra di gara, più o meno simile a quella che Kimi ha fatto a me. Manovra di gara, è quello che si suppone noi facciamo in pista … sono sicuro che il suo commento è stato fatto sull’onda dell’eccitazione del momento. E poi, non è mai una bella sensazione quando ti vedi le altre auto venire incontro in senso contrario …conosco quello stato d’animo, non credo che abbia voluto dire altro”.

La gara per il podio praticamente finisce lì: Vettel, pur autore di una eccellente rimonta, finisce quarto, mentre Raikkonen difende la testa della gara finchè reggono le sue gomme (dice in conferenza stampa: “le posteriori hanno ceduto prima della fine gara”). Il finlandese di casa Mercedes recita benissimo il ruolo di gregario e sale sul podio grazie anche alla penalità inflitta a Verstappen per una scorrettezza nei suoi confronti in prima chicane.

Durante la conferenza stampa post gara, con la calma, la serenità del vincitore e una maturità personale sempre più evidente, , Hamilton ringrazia   un team e una macchina capaci di crescere continuamente e di dimostrare una forza e una costanza di rendimento che gli hanno permesso una seconda parte di stagione in assoluto crescendo.

Non fa polemica sui fischi ricevuti sul podio: dice solamente di aver percepito molta negatività, ma di aver tratto forza (e SISU!) dalle numerose bandiere inglesi sventolate sulla pista. E aggiunge: “per me la negatività è un fatto positivo, perché riesco a imbrigliarla e a trasformarla in un fatto positivo”.

E al termine della conferenza stampa si è ricordato dei suoi tifosi e delle bandiere inglesi:  è ritornato in pit lane, dove, al di là del muretto box era rimasto un gruppo di suoi tifosi (circa un centinaio) con le bandiere del Regno Unito. Lasciando un po’ interdetti gli steward, il pilota inglese si è issato sul muretto box è per qualche minuto si è “donato” ai suoi sostenitori.

Hamilton ha avuto anche belle parole nei confronti di Raikkonen. Quando gli è stato chiesto se sentirà la mancanza del pilota finlandese nel caso non dovesse correre il prossimo anno, così ha risposto: “lo sport sentirà la sua mancanza. Non è un segreto che quando correvo con la Playstation ero sempre Kimi con la Mclaren. Ricordo anche che la prima vera McLaren che ho provato aveva il setup scelto da Kimi e le sospensioni che lui avrebbe usato. Esperienza fantastica anche perché il nostro stile di guida è abbastanza simile”.

Parole realmente sentite o abile strategia di marketing relazionale? La maturità raggiunta dal pilota inglese, oltre a tante dimostrazioni date in altre occasioni, fanno ormai propendere i più per la prima ipotesi.

Per finire, il giusto tributo ad Aldo Costa, che dopo sette intensi anni passati con Mercedes in Inghilterra, lascia il ruolo ufficiale di Engineering Director per un ruolo di advisor, in cui, per usare le sue parole, “avrò un ruolo di mentore per aiutare a sviluppare capacità e processi”. E’ sempre stato un signore, disponibile e affabile, tanto nei giorni più scuri del suo periodo in Ferrari, quanto nei giorni dei trionfi Mercedes e dei brindisi all’interno del box tedesco. Come ogni anno, fa infine piacere rilevare il grande senso dell’ospitalità del box Mercedes nel dopo gara, a differenza di altri team meno famosi e meno vincenti.

Foto di Maurizio Quarta